Forte della testa del mostro, ora nelle sue mani, si recò da Atlante che non aveva voluto aiutarlo nell'impresa: estratta la testa micidiale dalla sacca, lo trasformò in montagna. Sulla via del ritorno, deviò sopra il deserto libico, dove fece cadere il dente e l'occhio delle Graie e alcune gocce del sangue di Medusa, popolando in tal modo il deserto di serpenti, scorpioni e orribili animali dotati di un veleno micidiale.
Mentre volteggiava sul territorio della Filistia, vide incatenata a uno scoglio una fanciulla, nuda e bellissima: Andromeda, figlia del re di Etiopia Cefeo e di Cassiopea. Era condannata a essere divorata da un mostro marino perché sua madre, orgogliosa dell'avvenenza di sua figlia, aveva affermato che superava in bellezza tutte le Nereidi: le ninfe del mare si erano offese e Poseidone, oltre ad avere mandato sulle coste una forte mareggiata che aveva spazzato via l'abitato, aveva inviato un orribile mostro che faceva stragi e terrorizzava gli abitanti: l'integerrimo Cefeo, per salvare il suo popolo, consultato l'oracolo, fu costretto a offrirgli la propria figlia per placarne l'ira.
E quando Perseo giunse, Andromeda era ormai rassegnata alla sua terribile sorte. Perseo si offrì di liberare la fanciulla e il luogo da quella calamità purché il re gli consentisse di sposare Andromeda. Cefeo e Cassiopea sulle prime non erano favorevoli: avrebbero preferito darla in moglie ad un pretendente più ricco e più potente, ma furono costretti dagli eventi ad acconsentire.
Perseo, ingannando il mostro marino che doveva divorare Andromeda con dei giochi d'ombra sull'acqua, riuscì ad ucciderlo e riportò la giovane dai genitori. Tuttavia l'uccisione del mostro fu ben poca cosa, a paragone di quel che successe dopo: durante i festeggiamenti di nozze, Agenore, un ex pretendente alla mano di Andromeda, giunse alla reggia accompagnato da uomini armati, pronto a tutto pur di averla. Fu Cassiopea, che non gradiva Perseo come genero, a dare il segnale della battaglia.
L'eroe, per difendersi, estrasse ancora una volta la testa di Medusa ottenendo l'effetto voluto: Cassiopea divenne una statua inerte, così come Agenore e tutti quelli tra i suoi seguaci che non erano stati precedentemente uccisi da Perseo.
Secondo una diversa tradizione, presente già in alcuni mitografi greci e accolta anche da Ovidio nelle sue Metamorfosi, fu invece Fineo, zio e aspirante sposo di Andromeda, a fomentare disordini; scontento del matrimonio con Perseo, ordì un complotto contro di lui, venendo per questo criticato anche da Cassiopea oltre che da Cefeo.
La reggia divenne così un grande campo di battaglia, finché Perseo, mostrando la testa della Gorgone a Fineo e ai suoi amici ancora in vita, li trasformò in altrettante statue di pietra. Il vincitore, presa per mano Andromeda, grazie ai sandali alati fece rotta verso la Grecia atterrando a Serifo.
Autori greci più antichi identificano anch'essi il nemico di Perseo in Fineo, che avrebbe però tentato il rapimento di Andromeda con l'aiuto di un solo suo amico, Abaride; Perseo convertì entrambi in statue (mentre in Ovidio Abaride, che è solo uno dei tanti seguaci di Fineo, è tra le prime vittime dell'eroe greco, quelle non pietrificate dalla testa di Medusa).